Che cosa è un ricordo?
Nel visualizzare la realtà raccolta attorno ad un ricordo mi concentro sulle diverse fasce di movimento in cui, nello spazio che chiamiamo memoria, si narra l’esperienza del vissuto. Esso è, nel mio metodo esplorativo, un elemento o gruppo di elementi, che muovendosi nella dimensione atemporale della coscienza, riverbera l’agire animico dell’umanità. Un ricordo è esperienza vissuta sedimentata nelle fratture del tempo materiale. Con ciò intendo che è una dimensione rappresa di realtà veritiera, la quale viene evocata a simbolo, esperienza interiore e dialogo sociale ogniqualvolta le condizioni della memoria diventano vivide per la realtà vissuta. Il ricordo è realtà immateriale legata allo spazio-tempo fisico, in quanto esso è la piattaforma da cui si rapprendono gli elementi di fattibilità del reale; allo stesso tempo il ricordo è realtà immateriale slegata dal mondo fisico in senso naturale e materialistico, perchè è dissipabile, esauribile in vita come elemento simbolico dei linguaggi.
Ecco che il ricordo è un elemento di realtà e di irrealtà al quale l’individuo e la collettività, tendono sia fisicamente che metafisicamente come ente legiferante una verità. A questa verità, che è per la mia visualizzazione una rappresentazione di realtà rappresa, tesa a conoscibilità, l’umanità si rapporta con angolazioni di interpretazioni e traduzione supportate dalle facoltà dell’anima. Il ricordo può essere colto più interamente come elemento traducibile da tecniche, rappresentazioni simboliche, azioni dissipanti, evocazioni fisiche e metafisiche. Una disciplina che può svelare il ricordo e guardare alla memoria con occhi ampi, è colei che fonde gli organi e azioni dell’anima: pensare, sentire, volere; alla disposizione del corpo fisico e delle sue funzionalità.
L’agire del ricordo
Nei confronti del ricordo si può vivere in maniera polare attiva, allora che l’immagine di esso si distribuisca con novità, e polare negativa, dove l’immagine ricostruisce la plasmazione precedente. Vivere il ricordo attivamente vuole dire dissipare interamente la forza propulsiva che lo modera dalle dimensioni in cui si sedimenta, portandolo a smaterializzarsi in una nuova evocazione; mentre viverlo negativamente vuole dire evocare la forza ad esso costituente nell’elaborazione del suo principio simbolico, vivendo il tempo adimensionalmente. In una dimensione la forza si libera, nell’altra si incanala.
In entrambi i casi c’è verità assoluta, che si dimostra immaginativamente nella declinazione simbolica del polo evocativo.
Il punto di equilibrio tra le due dimensioni si trova nella piattaforma dell’esistente, tra il fuori e il dentro del suo dialogare, nella diramazione nodale delle sue articolazioni.