Albert Einstein
Ha sempre un suo perché ontologico definire lo spazio mitico immaginativo di azione. Da questo incontro, tra l’immaginazione e la realtà, nasce il tempo lineare e spaziale della cronologia storica, che si stacca dal mondo onirico in potenza, il mondo rappreso nel futuro, quello dei sogni e dell’ignoto, in quella sacca da cui attingono le comunità di persone. Il futuro è oracolo, o almeno lo è sempre stato.
La mia vorrebbe essere un’osservazione concreta all’agire, per mirare all’elemento dell’azione nel discorso sociale rendendolo Vivo. Questo senso più filosofico è necessario per visualizzare la rete metafisica su cui poggia un pensiero. Tutto ciò che non decostruisce non crea nulla di nuovo: il caos come generazione. Su di esso, sull’apparenza del disordine, dilagano superficialmente molte lotte sociali che ereditano il concetto senza crearlo dal vuoto. Questa fase di creazione caotica a cui alludo è anche chiamata magia, strettamente legata al potere immaginativo e al dialogo misterico; è il luogo da cui scaturisce la metafisica che apre le porte al reale.
Tutto il resto è speculazione sulla conoscenza.